Omelia del parroco - Natale 2018, Messa del Giorno
Natale 2018
Messa del Giorno
Cari fratelli e sorelle,
1. Nella Messa della notte santa abbiamo considerato con intensità particolare il simbolo della Fede, il Credo, nell’articolo che dice:
Per noi uomini e per la nostra salvezza
discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo
si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo.
Ma il Credo, detto niceno-costantinopolitano, quello che fra poco proclamereo, prima del mistero dell’Incarnazione, parla della cd. “preesistenza del Verbo” con queste parole:
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli.
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero;
generato, non creato; della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create
Queste parole del Credo, sono la trasposizione in formula dogmatica di quanto ci ha detto il brano di Vangelo, il prologo di Giovanni, che è stato da poco cantato.
Quel Bambino, che noi adoriamo, è il Signore, perché ha vinto la morte; è il Figlio unigenito di Dio, la cui esistenza come uomo è iniziata in un momento preciso della storia e in luogo ben circoscritto, Betlemme, ma è dall’eternità; nato dal Padre – quello dei cieli – prima di tutti i secoli, ossia prima dell’esistenza del mondo e del tempo. Questo Figlio che è nato fra noi da una Madre Vergine, è Dio che viene da Dio, Luce che viene dalla Luce che è Dio, Dio vero che viene da Dio vero. Egli, che nasce come semplice creatura dalla Vergine, senza cooperazione di uomo, è generato dall’eternità, non creato; per farci intendere più in profondità: è della stessa sostanza del Padre, ed è la causa di tutte le cose create, quelle nei cieli, quelle sulla terra e quelle sotto terra.
La celebrazione del Natale, dunque, porta in sè un grande stupore, che è dato dal fatto non semplicemente che un bambino è nato, ma che “quel” Bambino, che ha queste prerogative, è nato. Lo stupore tiene insieme i due aspetti della realtà di Gesù: quella umana e quella divina, altrimenti ci si perde in un vago sentimentalismo.
Lo stupore, dunque, è qualcosa di oggettivo e non dipende dal nostro stato d’animo. Possiamo, infatti, essere venuti a celebrare il Natale ben disposti, o forse meno, o forse per tradizione, o forse trascinati ... Ma tutto questo che è soggettivo si deve aprire a questo mistero reale di Dio che si fa carne, si deve aprire alla fede, all’assenso interiore che dice e confessa: “Si, Signore, io credo!”.
2. Il Mistero del Natale è tutto soffuso di luce, perché la fede è luce. Ma se guardiamo con attenzione la scena della natività, secondo ciò che dice il Vangelo, apprendiamo che Gesù è nato di notte. In quella grotta nasceva la Luce, ma intorno c’erano le tenebre. Chi si avvicina a questa luce viene illuminato. Ma questa luce va cercata, come i pastori dobbiamo andare, decidere cioè, lasciarci coinvolgere. Diceva giusto in un Angelus prossimo alla festa di Natale 2012 il papa Benedetto: “senza desiderarlo non conosceremo mai il Signore, senza attenderlo non lo incontreremo, senza cercarlo non lo troveremo”. Traseamus usque Bethlehem; andiamo a Betlemme. Infatti la luce c’è, è venuta nel mondo, ma è una luce che non si impone. Alla fine del mondo, quando tornerà nella gloria, allora tutto sarà luce. Ma ora si deve andare a Betlemme, nel buio, a cercare questa luce. Cercare la luce significa voler diventare figli di luce. Ma intorno alla grotta luminosa permangono le tenebre; ci sono i figli delle tenebre, non ce lo possiamo nascondere. A costoro il Principe della pace – come dice s. Teresa Benedetta della Croce – non porta la pace, ma la spada. Per costoro Egli è pietra d’inciampo, contro cui urtano e si sfracellano. Questa è una verità, dura e grave, che non possiamo lasciare celare dall’incanto poetico del Bambino nella mangiatoia. Il mistero dell’Incarnazione e il mistero del male si appartengono strettamente. Contro la luce che è scesa sulla terra si scaglia la notte del peccato tanto più scura e più sinistra (cf Il Mistero del Natale, Incarnazione e umanità). Ma sappiano costoro che tutto il male che accade nel mondo Dio lo piegherà a servire alla salvezza degli uomini. Molti uomini iniqui, delinquenti, per non dir di peggio, credono di fare e di attuare i loro disegni, ma alla fine - se ne accorgano, non se ne accorgano, non ha importanza- serviranno al piano di Dio. E questa è la speranza che ci sorregge, annunciata da Dio in questo giorno contro la visione del male, che talvolta tende a sopraffarci in questo mondo. “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno soffocata”.
Il giorno del nostro Battesimo ci è stata consegnata una fiamma viva, presa dal cero pasquale. Questa fiamma è la fede. In questo Santo giorno di Natale davanti a mistero di Dio che si fa uomo, che decide cioè di stare con noi, anche quando noi lo riteniamo superfluo e inutile, pieghiamo le ginocchia e diciamo: “Credo, o Signore; ti ringrazio che sei venuto ad abitare la mia vita e io sono stato introdotto nella tua, che è già vita eterna”.
Il Pane eucaristico di cui fra poco di nutriremo, il Corpo del Signore, provoca in noi questa inabitazione di Gesù Figlio di Dio Figlio di Maria: “Chi mangia la mia carne e bene il mio sangue rimane in me ed io in lui”. In questo reciproco “rimanere” sta e perdura la Grazia del Natale.