Omelia del parroco - Notte di Natale 2018
Natale 2018 – Messa della Notte
Siate i benvenuti, carissimi fedeli venuti così numerosi per celebrare il Natale dell'anno 2018 nella nostra chiesa parrocchiale, che è simbolo di unità e di fraternità.
Il centro della parola evangelica che abbiamo ascoltato in questa notte è questo: “Vi annuncio una grande gioia, oggi nella città di Davide vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore”.
Vi è nato un Salvatore! Ma ha ancora valore questo annuncio per noi? Un Salvatore!
“Ma ha ancora valore e significato un "Salvatore" per l’uomo del terzo millennio? E’ ancora necessario un "Salvatore" per l’uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l’universo; per l’uomo che esplora senza limiti i segreti della natura e riesce a decifrare persino i codici meravigliosi del genoma umano? Ha bisogno di un Salvatore l’uomo che ha inventato la comunicazione interattiva, che naviga nell’oceano virtuale di internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie massmediali, ha ormai reso la Terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale?; l’uomo che si presenta come sicuro ed autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi, quest’uomo del secolo ventunesimo?” (Benedetto XVI, Allocuzione Urbi et Orbi, 25 dicembre 2006).
“Sembra (che non ne abbia più bisogno), ma così non è. Si muore ancora di fame e di sete, di malattia e di povertà in questo tempo di abbondanza e di consumismo sfrenato. C’è ancora chi è schiavo, sfruttato e offeso nella sua dignità; chi è vittima dell’odio razziale e religioso, ed è impedito da intolleranze e discriminazioni, da ingerenze politiche e coercizioni fisiche o morali, nella libera professione della propria fede. C’è chi vede il proprio corpo e quello dei propri cari, specialmente bambini, martoriato dall’uso delle armi, dal terrorismo e da ogni genere di violenza in un’epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la solidarietà e la pace per tutti. E che dire di chi, privo di speranza, è costretto a lasciare la propria casa e la propria patria per cercare altrove condizioni di vita degne dell’uomo? Che (cosa) fare per aiutare chi è ingannato da facili profeti di felicità, chi è fragile nelle relazioni e incapace di assumere stabili responsabilità per il proprio presente e per il proprio futuro; (per chi) si trova a camminare nel tunnel della solitudine e finisce spesso schiavo dell’alcool o della droga (o del gioco d’azzardo)? Che pensare di chi sceglie la morte credendo di inneggiare alla vita?” (Ib.)
Sembra che l’umanità, anche quella di casa nostra, non abbia più bisogno di un Salvatore. Che dire infatti delle famiglie che continuamente di disgregano perché l’amore è stato ridotto ad emozione e non ha più la robustezza di un coinvolgimento definitivo, oblativo, generoso? O di quelle coppie che mettono su casa nell’incertezza, titubanti per anni nell’integrare la giusta quota di rischio basata su un coinvolgimento che come adulti comprenda anche la dimensione istituzionale civile ed ecclesiale? O che dire di quei genitori che, pur generosi, hanno smarrito ogni gerarchia di valori; per i quali tutto è sullo stesso piano e perciò, quando si tratta di scegliere tra i vari impegni, non sono più in grado di far cadere la scelta sui più importanti? O di quei papà e mamme che, pur avendo scelto di far battezzare i propri figli, hanno completamente abdicato al loro dovere naturale di educarli alla fede, sicché la trasmissione della stessa rischia di interrompersi, con la conseguenza che questi bambini e ragazzi neppure sanno più che esiste un Salvatore? O che dire dei giovani che hanno perso ogni baricentro, che vivono senza ideali, accontentandosi di obiettivi di piccolo cabotaggio, ripiegati su stessi, incapaci di mettersi al servizio in maniere costante e generosa? O di quelli che lavorano durante la settimana per avere i soldi da spendere nel fine settimana nella trasgressione? O di quegli adolescenti e preadolescenti che stanno già consumando la loro vita dietro la droga, nella promiscuità sessuale, nel turpiloquio, nell’abitudine corrosiva al pensiero negativo, nel pericoloso approccio al mondo dell’occulto e delle sette, al disimpegno, alla falsità?
“Come non sentire che proprio dal fondo di questa umanità gaudente e disperata si leva un’invocazione straziante di aiuto?
E’ Natale: oggi entra nel mondo "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9). "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (ibid., 1,14), proclama l’evangelista Giovanni. Oggi, proprio oggi, Cristo viene nuovamente "fra la sua gente" e a chi l’accoglie dà " il potere di diventare figlio di Dio"; offre cioè l’opportunità di vedere la gloria divina e di condividere la gioia dell’Amore, che a Betlemme si è fatto carne per noi. Oggi, anche oggi, "il nostro Salvatore è nato nel mondo", perché sa che abbiamo bisogno di Lui. Malgrado le tante forme di progresso, l’essere umano è rimasto quello di sempre: una libertà tesa tra bene e male, tra vita e morte. E’ proprio lì, nel suo intimo, in quello che la Bibbia chiama il "cuore", che egli ha sempre necessità di essere "salvato". E nell’attuale epoca post moderna ha forse ancora più bisogno di un Salvatore, perché più complessa è diventata la società in cui vive e più insidiose si sono fatte le minacce per la sua integrità personale e morale. Chi può difenderlo se non Colui che lo ama al punto da sacrificare (se stesso) sulla croce (…) ?” (ib.)
"Salvator noster": Il nostro Salvatore: questa è la nostra speranza; questo è l’annuncio che la Chiesa fa risuonare anche nell’odierno Natale. Con l’Incarnazione, ricorda il Concilio Vaticano II, il Figlio di Dio si è unito in un certo modo ad ogni uomo (cfr Gaudium et spes, 22). Perciò il Natale del Capo è anche il natale del corpo, come notava il Pontefice san Leone Magno. A Betlemme è nato il popolo cristiano, corpo mistico di Cristo nel quale ogni membro è intimamente unito all’altro in una totale solidarietà. Il nostro Salvatore è nato per tutti. Dobbiamo proclamarlo non solo con le parole, ma anche con l’intera nostra vita, dando al mondo la testimonianza di (una) comunità unit(a) ed apert(a), nell(a) qual(e) regna la fraternità e il perdono, l’accoglienza e il servizio reciproco, la verità, la giustizia e l’amore.
Comunità salvata da Cristo. Questa è la vera natura della Chiesa, che si nutre della sua Parola e del suo Corpo eucaristico. Solo riscoprendo il dono ricevuto la Chiesa (e quindi la nostra comunità parrocchiale) può testimoniare a tutti Cristo Salvatore; lo fa con entusiasmo e passione, nel pieno rispetto di ogni tradizione culturale e religiosa; lo fa con gioia sapendo che Colui che annuncia non toglie nulla di ciò che è autenticamente umano, ma lo porta al suo compimento. In verità, Cristo viene a distruggere soltanto il male, solo il peccato; il resto, tutto il resto Egli eleva e perfeziona. Cristo non ci salva dalla nostra umanità, ma attraverso di essa; non ci salva dal mondo, ma è venuto nel mondo perché il mondo si salvi per mezzo di Lui (cfr Gv 3,17)” (ib.).
Voglio concludere facendo mie e chiedendovi di fare vostre le parole che Giovanni Papini - ateo militante convertito clamorosamente alla fede nel 1921 - scrisse nello stesso anno della sua conversione, al termine della sua Storia di Cristo:
Gesù, sei ancora, ogni giorno, in mezzo a noi. E sarai con noi per sempre… Noi abbiamo bisogno di te, di te solo, e di nessun altro. Tu solamente, che ci ami, puoi sentire, per noi tutti che soffriamo, la pietà che ciascuno di noi sente per se stesso. Tu solo puoi sentire quanto è grande, immisurabilmente grande, il bisogno che c’è di te, in questo mondo, in questa ora del mondo…Tutti hanno bisogno di te, anche quelli che non lo sanno, e quelli che non lo sanno assai più di quelli che lo sanno…Chi ricerca la bellezza nel mondo cerca, senza accorgersene, te che sei la bellezza intera e perfetta; chi persegue nei pensieri la verità, desidera, senza volere, te che sei l’unica verità degna d’esser saputa; e chi s’affanna dietro la pace cerca te, pace dove possono riposare i cuori più inquieti. Essi ti chiamano senza sapere che ti chiamano e il loro grido è inesprimibilmente più doloroso del nostro…La grande esperienza volge alla fine. Gli uomini, allontanandosi dall’Evangelo, hanno trovato la desolazione e la morte. Più d’una promessa e d’una minaccia s’è avverata. Ormai non abbiamo, noi disperati, che la speranza d’un tuo ritorno… Noi, gli ultimi, ti aspettiamo. Ti aspetteremo ogni giorno, a dispetto della nostra indegnità e d’ogni impossibile. E tutto l’amore che potremo torchiare dai nostri cuori devastati sarà per te, Crocifisso, che fosti tormentato per amor nostro e ora ci tormenti con tutta la potenza del tuo implacabile amore.