Omelia del parroco per la solennità dell'Immacolata 2018
L’Immacolata, ossia l’alternativa di una vita “espropriata” e perciò straordinariamente feconda.
Cari fedeli, celebriamo nell’Avvento la bella festa dell’Immacolata Concezione di Maria, la festa cioè della sua Immacolatezza, del suo essere stata preservata da Dio – a differenza di tutte le altre donne e tutti gli altri uomini – dal peccato originale, che nella sua radice è ribellione a Dio, visto come antagonista e non come amico, come ci ha narrato la prima lettura.
Vorrei con voi sottolineare 3 punti.
1. Nella Sacra Scrittura, parlando della storia di Israele, da cui Maria proviene – esattamente dalla stirpe di Davide come il suo sposo Giuseppe – si dice che in esso rimarrà un “resto santo”, ossia un gruppo di persone rimaste fedeli all’alleanza stipulata da Dio con questo popolo. Maria fa parte di questo “santo resto”. E così abbiamo conferma che la Parola di Dio non è rimasta inefficace. Ricordate quel bel brano in cui si dice: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver fecondato la terra perché produca frutto, così sarà della Parola uscita dalla mia bocca: non ternerà a me senza aver effettuato ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,10 ss). Ecco, in Maria ciò si è avverato: la parola di Dio porta realmente frutto; Dio non è l’unico attore della storia, la quale sarebbe solo un monologo di Dio. Ma significa che egli trova una risposta che è veramente risposta. Maria, come resto santo, significa che in lei antica e nuova alleanza sono realmente una sola cosa. E’ possibile rispondere a Dio? E’ veramente possibile che Egli sia il nostro interlocutore? Sì. In Maria noi vediamo che ciò è veramente possibile.
2. Nella Scrittura e nei Padri della Chiesa è presente il concetto di “immacolatezza” che è esteso però alla comunità dei credenti, cioè alla Chiesa. San Paolo lo dice precisamente nella lettera agli Efesini: “Al fine di farsi comparire dinanzi la sia Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5,27). Oggi, in seguito alle debolezze a volte scandalose dei figli della Chiesa – siano essi sacerdoti, religiosi o laici – si ha quasi pudore dire ciò che la Sacra Scrittura afferma della Chiesa come santa e immacolata. Si pensa addirittura che esprimersi così rappresenti un’arroganza intollerabile. In nome dell’umiltà, si tende a confondere la santità e l’immacolatezza della Chiesa con la peccaminosità e la sporcizia di noi che vi siamo entrati col battesimo. Questo modo di pensare rivela un grande errore dottrinale: la Chiesa ci preesiste, nella Chiesa noi entriamo, ma la Chiesa non è data dalla somma di coloro che entrano in essa col battesimo; l’affermazione spesso usata: “la Chiesa siamo noi” può valere dal punto di vista sociologico, ma non dice la verità della Chiesa. La Chiesa ci preesiste – come dicono i teologici – ontologicamente e storicamente e perciò essa è immacolata, la sposa di Cristo, la cui fede è indefettibile. Noi rischiamo di sporcare il suo volto immacolato, ma lo sporco che mettiamo sulla Chiesa è nostro non suo. Lo ha ricordato anche recentemente il Papa, nel discorso a braccio tenuto il 27 ottobre 2018, a conclusione del Sinodo sui giovani, quando ha affermato: «I figli … siamo tutti sporchi, ma la Chiesa non va sporcata».
Maria è dunque l’inizio e la concretezza personale della Chiesa nella sua immacolatezza.
3. Sul piano propriamente esistenziale ed esperienziale riguardante la persona di Maria, l’Immacolata Concezione, cioè la preservazione dal peccato originale, significa che Maria non riserva come adatto solamente a sé nessun settore dell’essere, della vita, della volontà, ma si appropria veramente di sé stessa nella totale espropriazione per Dio. A partire da qui si rendono nuovamente comprensibili il mistero della fertilità sterile, il paradosso delle madri sterili, il mistero della verginità: espropriazione come appropriazione, come sede della nuova vita. Detto in altri termini: Maria non dice: “Io sono mia” – come era in voga in un certo femminismo di qualche decennio fa – ma dice: “Io sono tua”. Ed è proprio in questa “espropriazione” che raggiunge la massima fertilità, quella adombrata dallo Spirito di Dio e genera così il Salvatore. La festa dell’Immacolata è dunque un invito a restituire a Dio la propria vita; un invito a mettere in conto che una vita offerta può sprigionare una fecondità impensata. L’Immacolata dice alle ragazze – soprattutto – che una vita consacrata interamente a Dio è un’esistenza che genera vita nuova. L’Immacolata ci parla anche della grande dignità della donna, che Dio da sempre guarda con tenerezza, e ci invita a difendere, a tutelare la vita della donna da ogni forma di sopraffazione maschilista, da ogni riduzione a merce di piacere. L’Immacolata ci restituisce una vita alternativa alla tristezza dell’individualismo, che schiaccia ogni slancio verso l’altro.
Nell’Eucaristia che ora celebriamo, rendiamo grazie per Maria, dal cui grembo benedetto è venuto il frutto benedetto, che è Gesù il Figlio del Dio Altissimo. Egli sul nostro altare diventa il cibo che mette in circolo in chi lo assume coi suoi sentimenti la vita dei figli rinati nel battesimo per essere santi e immacolati secondo il progetto di amore che il Padre accarezza per ciascuno di noi dai secoli eterni. Amen