Omelia del parroco per la solennità di San Bassiano del 19 gennaio 2016
La pagina degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato come seconda lettura, in cui ci viene descritto il saluto dell’apostolo Paolo ai cristiani di Efeso, subisce in queste festa di S. Bassiano una sorta di trasposizione di persona e, applicata al nostro Patrono, ci restituisce, attraverso alcune caratteristiche – la sua fisionomia di vescovo, cioè di annunciatore del Vangelo e di costruttore di comunità cristiane, dove Dio sia adorato. Perché questo è lo scopo primario dell’annuncio del Vangelo: l’adorazione di Dio.
1. Prima caratteristica: il servizio. “Ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove”, ci ha detto Paolo. Il primo compito del Vescovo è quello di servire il Signore dentro quella intimità nella quale – secondo le parole di Gesù – il servo è amico. “Non vi chiamo più servi, ma amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”. L’annuncio del Vangelo diventa perciò – secondo la bella espressione di papa Francesco (EG) “intimità itinerante”. Questo servizio non è sempre una marcia trionfante; spesso, infatti, avviene tra le lacrime e le prove. Ma non bisogna temere, perché Gesù ha detto espressamente ai suoi Apostoli: “Voi avrete tribolazioni dal mondo, ma abbiate fiducia. Io ho vinto il mondo!”.
In Bassiano vediamo realizzata questa caratteristica
2. La seconda caratteristica: il coraggio apostolico. Dice Paolo: “Non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case, scongiurando Giudei e Greci [cioè tutti, ndr] di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù”. Il Vescovo è uno che non si piega alle mode di nessun genere – anche alle mode ecclesiali. Diceva papa Benedetto XVI nell’ultima ordinazione episcopale da lui conferita: Il coraggio di contraddire gli orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo. Egli dev’essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti. Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi. “Chi teme il Signore non ha paura di nulla”, dice il Siracide (34,16). Il timore di Dio libera dal timore degli uomini.Rende liberi!
In S. Bassiano ciò si è realizzato in modo particolare. Al suo tempo l’eresia ariana rappresentava la maggioranza, sostenuta com’era dal potere politico, che vedeva in questa dottrina sbagliata un appiglio per poter soggiogare la Chiesa. I Vescovi cattolici dovevano lottare a rischio della vita, dell’esilio, della confisca dei beni. Il coraggio di predicare – sempre con amore ma con fermezza la verità, è parte insostituibile del ministero del vescovo.
3. La terza caratteristica che vediamo nel discorso di Paolo e, per trasferimento, in San Bassiano, è la gratuità. Dice Paolo: “Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio”. Ci vengono in mente le parole di Gesù: Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato di fare, dite: siamo servi inutili. Lo si deve dire senza falsa umiltà, consapevoli di essere stati semplici e gioiosi strumenti, trovando motivo di gioia solo per il semplice fatto che il Signore ha compiuto le sue grandi opere attraverso strumenti così inadatti, perché lui è fatto così, perché nessun uomo possa gloriarsi dinanzi a lui, ma restando semplice, resti malleabile e gli permetta di portare a compimento la sua opera.
4. La quarta caratteristica: l’intercessione. Dice Paolo e dice Bassiano: “Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi”. L’intercessione che ha un oggetto ben preciso: conserva questi miei figli nella fede, o Signore! Perché, dice Paolo: “entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé”. Questo monito è sempre valido. Uno dei modi in cui la menzogna entra tra i cristiani è la confusione. E oggi siamo in un momento di grande confusione. Ci viene in mente ciò che ci ha detto S. Giovanni nella sua prima lettera che abbiamo letto nel tempo di Natale: chi non crede nell’incarnazione del Verbo, chi non crede nel Figlio di Dio vero uomo e vero Dio non ha nemmeno il Padre. Cioè è senza Dio. Bassiano in cielo e dalla sua urna in cattedrale continua a chiedere al Signore laudensium popolum in fide confirma: O Signore conferma la fede del popolo di Lodi.
5. L’ultima caratteristica che voglio ricordare è la sobrietà della vita e il soccorso dei poveri. Dice Paolo e con lui Bassiano: “Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere! ”. La sobrietà della vita non è fine a se stessa, benché sia necessaria anche perché l’anima non si intorpidisca, ma ha un risvolto diciamo sociale: il soccorso dei poveri dei quali non ci dobbiamo mai dimenticare. Nell’inno di S. Bassiano si dice: largus egenis subvenis: soccorri largamente i poveri.
6. Servizio, coraggio apostolico, gratuità, intercessione, sobrietà di vita mi sembrano alcune delle caratteristiche che scorgiamo nel vescovo Bassiano. Esse sono state da lui vissute in modo eroico, per questo la nostra Chiesa lo venera da sempre come santo e come patrono presso Dio.
7. Un’ultima annotazione. Molti si saranno chiesti perché S. Bassiano è rappresentato con le cerve (che in verità avendo le corna sono dei cervi!). Il suo sacello in cattedrale è sorretto da quattro splendidi esemplari. In genere si risponde citando il testo della “leggenda” laddove si legge che egli punì un cacciatore che aveva ucciso una cerva lasciando i cerbiatti senza la loro mamma. Ma c’è un motivo più profondo. Secondo una certa lettura il cervo è colui che – vivendo in luoghi dove ci sono le vipere e i serpenti – ha sviluppato in sé l’antidoto contro il veleno.. Se anche il serpente lo morde, egli non muore. Il cervo diventa così segno di Cristo che il serpente – cioè il diavolo – non ha potuto tenere prigioniero della morte. Così l’iconografia di S. Bassiano ci restituisce un importante messaggio cristologico. Egli difendendo la vera identità di Cristo – vero uomo e vero Dio – ci offre l’antidoto contro il veleno del serpente e ci aiuta a vivere nella vita nuova del Signore. Ricordatelo tutte le volte il cui vedete le cerve di S. Bassiano!
8. Ora celebriamo l’Eucaristia, che tante volte Bassiano ha offerto per la gloria di Dio e la salvezza del popolo a lui affidato. Sentiamolo vicino nella comunione che il sacrificio redentore crea fra il cielo e la terra. Chiediamogli che in questa terra laudense Dio sia davvero adorato e gli uomini e le donne vivano da fratelli.