Omelia del parroco per la solennità di Tutti i Santi
Cari fratelle e sorelle,
abbiamo sentito dall’Apocalisse una prima affermazione che ci allarga il cuore in questa solennità di Tutti i Santi: Vidi – dice il Veggente –: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide.
Ci allarga il cuore perché i Santi sono una “moltitudine immensa” e la provenienza di questa moltitudine è universale. I Santi ci assicurano che davvero l’Agnello immolato è il vincitore. Vincitore perché immolato.
Un agnello immolato di per sé dovrebbe essere morto. Invece no, qui l’Agnello immolato è vivo e vincitore.
Nell’espressione “agnello immolato” possiamo vedere rappresentato in maniera sintetica il brano delle Beatitudini che abbiamo ascoltato nel Vangelo. Il povero in spirito, il sofferente, il mite, l’affamato e l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, il costruttore di pace, il perseguitato a causa del Regno, l’accusato usando la menzogna è Gesù. Isaia, secoli prima della passione di Cristo, scriveva: “Come un agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”.
La sofferenza di questo Agnello, paradossalmente, è una “sofferenza beata”. La Chiesa, in una delle sue più antiche preghiere liturgiche, chiama la passione “beata” (cf Canone Romano). E’ la stessa logica delle beatitudini. Perché la passione dell’Agnello è beata? Perché squarcia il velo sul modo di agire di Dio. Egli ha scelto la via della passione per salvare gli uomini, cioè ha condiviso la loro sofferenza e la loro morte, si è immerso in questo mistero che ci spaventa tanto, lo ha riempito della sua presenza, vi ha tracciato un sentiero, lo ha trasformato nella via del ritorno a casa. La via di ciascuno di noi – ha detto il Papa Benedetti in una omelia del 2010 – ci condurrà un giorno nella valle oscura della morte in cui nessuno può accompagnarci. Ed Egli sarà lì. Cristo stesso è disceso nella notte oscura della morte. Anche lì Egli non ci abbandona. Anche lì ci guida. “Se scendo negli inferi, eccoti”, dice il Salmo 139 (138). Sì, tu sei presente anche nell’ultimo travaglio, e così il (nostro) Salmo (responsoriale) può dire: pure lì, nella valle oscura, non temo alcun male (11 giugno 2010, chiusura anno sacerdotale).
La passione di Cristo, che in sé è sufficiente perché è la passione del Figlio di Dio e perciò con tutte le caratteristiche che possiamo attribuirle pensando a chi è Dio, rimane esemplare per i discepoli, per quella moltitudine immensa di cui sopra ci ha parlato l’Apocalisse. Questa “passione” che per qualcuno – ieri e oggi – giunge fino alla spargimento del sangue per la testimonianza da rendere a Cristo Signore, normalmente viene vissuta attraverso le beatitudini: la povertà di spirito, la sofferenza accettata e vissuta con amore, la mitezza, la misericordia, la trasparenza del cuore, l’edificazione della pace in maniera attiva e in maniera passiva, cioè il perdono, il mettere a disposizione la propria vita per Gesù e l’avvento del suo Regno.
La trasformazione del mondo, la conoscenza del vero Dio, il depotenziamento delle forze che dominano la terra, è un processo di dolore. Lo vediamo nella storia di Israele e lo vediamo nella storia della santa Chiesa, fino ad oggi. È il sangue dei martiri, il dolore, il grido della Madre Chiesa che fa cadere queste forze e trasforma così il mondo. Lo vediamo in un don Pino Puglisi, in Shahbaz Bhatti, ministro cattolico pakistano, ucciso nel 2011 per aver sostenuto l’innocenza di Asia Bibi, finalmente libera; lo vediamo nei 21 cristiani, di cui 20 copti, uccisi per la loro fede all’inizio del 2015 dall’ISIS
Pensiamo alle grandi potenze della storia di oggi, pensiamo ai capitali anonimi che schiavizzano l'uomo, che non sono più cosa dell’uomo, ma sono un potere anonimo al quale servono gli uomini, dal quale sono tormentati gli uomini e perfino trucidati. Sono un potere distruttivo, che minaccia il mondo. E poi il potere delle ideologie terroristiche. Apparentemente in nome di Dio viene fatta violenza, ma non è Dio: sono false divinità, che devono essere smascherate, che non sono Dio. E poi la droga, questo potere che, come una bestia vorace, stende le sue mani su tutte le parti della terra e distrugge: è una divinità, ma una divinità falsa, che deve cadere. E tutte le forme di dipendenza foraggiate perché economicamente produttive. O anche il modo di vivere propagato dall'opinione pubblica: oggi si fa così, il matrimonio non conta più, la castità non è più una virtù, e così via.
Queste ideologie che dominano, così che si impongono con forza, sono divinità. E nel dolore dei santi, nel dolore dei credenti, della Madre Chiesa della quale noi siamo parte, devono cadere queste divinità, deve realizzarsi quanto dicono le Lettere ai Colossesi e agli Efesini: le dominazioni, i poteri cadono e diventano sudditi dell'unico Signore Gesù Cristo (Meditazione all’Ora Terza, prima sessione sinodo speciale dei Vescovi delle Chiesa Cattoliche Orientali, 11 ottobre 2010).
Ecco cari fratelli e sorelle, la festa dei Santi, mentre ci fa gettare una sguardo sulla beata patria del Paradiso, la Gerusalemme celeste, ci rinvia, al nostro lavoro dentro la storia.
Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono? – chiede il Veggente dell’Apocalisse –». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
La vittoria ci è assicurata dal Sangue dell’Agnello nel quale i Santi lavano le loro vesti. Lavare le vesti nel sangue dell’Agnello, non è un lavoro di pulizia esteriore, significa piuttosto qualcosa di oggettivo e di profondo: noi siamo stati purificati, noi siamo stati giustificati, noi siamo stati santificati, noi siamo stati introdotti nel ricettacolo della santità di Dio, nel suo cuore. Grazie al sangue del suo Figlio. Ma quando? Nel Battesimo, nell’Eucaristia, nel sacramento del perdono. E’ il sangue di Gesù, che riceviamo costantemente da lui, che ci dà la forza di lottare e ci dà la garanzia della vittoria. L’Agnello è immolato, ma è vivo. “Se con lui moriamo, con lui anche regneremo” ci dice S. Paolo. E questo è il nostro impegno: far risplende ciò che già siamo: figli teneramente amati, santi per vocazione.
Alla Vergine Maria, la più sacra di tutte le creature, perché piena di grazia, e la più santa perché ha corrisposto con tutta la vita ci affidiamo con totale abbandono. Lei che è nostra madre ci condurrà in porto. Amen