RIGUARDO A COLORO CHE SONO MORTI (1 Ts 4,13)
RIGUARDO A COLORO CHE SONO MORTI (1 Ts 4,13)
Cari fedeli, tornano i giorni dei Santi e dei Morti con la loro carica emotiva molto intensa, tenuto conto anche del fatto che la nostra comunità parrocchiale è stata visitata molte volte da “sorella morte corporale” (come la chiamava S. Francesco), che ha portato con sé anche persone giovani. Le correnti culturali, che investono anche i nostri paesi, tendono a mettere in campo azioni di rimozione del pensiero della morte, aggrappandosi a volte al “vitalismo” (modo sfrenato di vivere l’esistenza), altre volte al “cinismo” (finché ci sono io non c’è la mia morte; quando non ci sarò più io ci sarà la morte), altre volte al “pantesimo” (quando si muore si “rientra nel ciclo naturale”), altre volte all’idea della “reincarnazione” (che è quanto di più irragionevole ci possa essere), etc.. Ma sono tutti palliativi e quando la morte ci tocca sul vivo si sciolgono come giacchio al sole. La stessa cremazione, che sta prendendo molto piede anche tra noi, rappresenta un fenomeno di non facile e comunque non univoca lettura. In ogni caso, in questi giorni, il pellegrinaggio ai nostri cimiteri si intensifica, originato da una variegata serie di motivazioni. Anche noi ci recheremo al cimitero, lo faremo in modo comunitario il giorno dei Santi con la processione pomeridiana al canto delle litanie di Santi e il giorno dei Morti con la fiaccolata serale. E lo faremo personalmente o in compagnia dei nostri cari. Forse porteremo un fiore e accenderemo un cero. Quale sarà lo “spirito” con il quale compiremo questi gesti? Per un credente andare al cimitero significa compiere un atto di fede in Cristo morto e risorto. Nella prima lettera ai Tessalonicesi, San Paolo dice: “Ora, fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate contristati come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù è morto ed è risuscitato, crediamo pure che Dio condurrà con lui, per mezzo di Gesù, quelli che si sono addormentati. Ora vi diciamo questo per parola del Signore: noi viventi, che saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati, perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo e con la tromba di Dio discenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, saremo rapiti assieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole” (1 Ts 4,13-18). Bisogna resistere alla subdola tentazione che insinua l’insostenibilità di questi pensieri, e il modo per resistere a queste tentazioni è la preghiera. Dentro questo spazio aperto nel cuore di Dio – la preghiera, appunto – noi gustiamo la bellezza, la verità e la consolazione delle parole della fede anche riguardo alla morte. Sicché essa cessa di essere il “mostro” che ci appare e diventa la “porta” per entrare nella pienezza della vita “che occhio non vide, né mai entrò in cuore di uomo, ma che Dio ha preparato per coloro che lo amano” (1 Cor 2,9). “Essere sempre con il Signore”, come dice Paolo ai Tessalonicesi, significa “pienezza di vita”. E col Signore, troveremo per sempre anche coloro che abbiamo amati, senza più alcun ombra di sofferenza, di inimicizia, di incomprensione. Là ci sarà la carità e sarà una gioia tanto sovrabbondante che solo lo Spirito Santo ci può dare la grazia di immaginare e, sia pure in minima parte, finché siamo sulla terra, percepire. Buona festa dei Santi e dei Morti, cari fratelli e sorelle.