GIORNATA NAZIONALE DELLA VITA

  • 04/02/2023
  • Don Gabriele

GIORNATA NAZIONALE DELLA VITA

Riporto un articolo che scrissi per il Cittadino in occasione del decennio della morte del Servo di Dio Dott. Giancarlo Bertolotti promotore dell’autentico amore coniugale e difensore della vita nascente.

Don Gabriele

Le buone battaglie del Servo di Dio dott. Giancarlo Bertolotti

Sono passati dieci anni da quel 5 novembre 2005 in cui il dott. Giancarlo Bertolotti, a causa delle gravi lesioni riportate in un incidente automobilistico, terminava la sua corsa, per usare un’espressione di San Paolo. Continuando la citazione dell’Apostolo, si può davvero sostenere che il Servo di Dio aveva combattuto la buona battaglia. Sono state numerose le battaglie del dott. Bertolotti? La sua mitezza potrebbe indurre di primo acchito a ritenere che non gli appartenesse la militanza, nel senso proprio del termine. Eppure è sufficiente un po’ di dimestichezza con la sua figura, i suoi scritti e le sue scelte per pensarla diversamente al proposito. Bisogna dare battaglia perché Dio doni la vittoria, diceva Santa Giovanna d’Arco. E il Bertolotti l’ha ingaggiata. Prima di tutto con se stesso. E’ stato molto esigente nei confronti della sua persona: si può dire che diverse forme di ascesi hanno contraddistinto la sua vita. L’ha vissuta in oratorio, da piccolo, quando, dopo il gioco, si fermava ad aiutare a sistemare i locali e gli altri spazi, e poi da adolescente e da giovane impegnato nello studio presso il Collegio Rotondi di Varese. L’ha vissuta nella ricerca della volontà di Dio sulla sua vita, interrogandosi – a volte in maniera lancinante – su che cosa si attendeva il Signore da lui, se lo voleva sacerdote, monaco, religioso, sposo e padre. L’ha vissuta nella ricerca dell’indirizzo accademico più confacente alle sue profonde inclinazioni, scegliendo poi quello che riteneva integrasse maggiormente tanto la giusta gratificazione personale quanto l’utilità sociale. L’ha vissuta nell’adesione senza tentennamenti al Magistero della Chiesa, espresso da Paolo VI nell’Humanae vitae e poi da Giovanni Paolo II non solo nei pronunciamenti solenni, che impegnano la coscienza, ma anche negli interventi sull’amore umano sotto forma di catechesi. L’ha vissuta nella diuturna testimonianza, davvero martiriale, nella clinica universitaria, dove è stato promotore e difensore della vita nascente oltre che maestro delle dinamiche del vero amore coniugale, esponendosi alla disapprovazione, al compatimento, al sarcasmo perfino di quanti non la pensavo come lui e per questo lo ostacolavano, lo mettevano ai margini pur continuando ad approfittare della sua bontà. L’ha vissuta nella ricerca di lunghi spazi di preghiera, di meditazione, di adorazione ai quali non rinunciava benché le sue giornate fossero stracolme di impegni. L’ha vissuta nella disponibilità incondizionata ad aiutare chi si trovava ad un bivio rispetto al tenere o al disfarsi del frutto del concepimento e gli sposi che volevano apprendere come era possibile amarsi nel rispetto della fisiologia umana e della paternità responsabile. L’ha vissuta nel farsi carico di situazioni colme di bisogni materiali e morali, sottraendo tempo e risorse economiche a se stesso. L’ha vissuta nello studio e nel costante aggiornamento scientifico, dimentico del fatto che le risposte non erano proporzionate al suo formidabile investimento. L’ha vissuta anche l’ultimo giorno, quando volle andare a controllare il decorso postoperatorio di una paziente. Allorché risuonarono le parole del già vescovo di Lodi, Paolo, nella basilica di Sant’Angelo, il giorno delle esequie, che svelavano la pasta evangelica di cui era fatto il dott. Bertolotti, asserendo che per lui “era santo subito”, molto si accorsero di essersi dissetati alla fonte del Servo di Dio, intuendo perché quell’acqua fosse così ristoratrice: proveniva dalle profondità del cuore del Figlio di Dio, a cui il Bertolotti fu sempre unito. E iniziarono così a mettersi insieme le parole da lui dette e scritte e i fatti da lui compiuti. Letti sinteticamente altro non sono che le beatitudini evangeliche, nessuna esclusa. Si è così inteso che questo uomo schivo, mite, tenace e appassionato andava iscritto nell’elenco dei testimoni del Signore, coloro che rappresentano il suo successo nel mondo, che sono il riflesso luminoso della sua carità senza limiti.

Mons. Gabriele Bernardelli,

delegato vescovile per la causa di canonizzazione

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